lunedì 26 ottobre 2009

Immigrati: macchia nera da togliere?

Sabato 16 ottobre la cattedrale era gremita di gente per celebrare la solenne veglia missionaria dal titolo “Vangelo senza confini”. Al termine della Veglia è stato distribuito un volantino, edito dalla Caritas, che poneva la questione immigrazione come sfida per il nostro essere missionari oggi, qui in Italia. E la sfida che l’immigrazione lancia alla nostra società e alla chiesa si è fatta sentire anche durante la mia testimonianza dove ho cercato di risponde alla domanda: come essere missionari oggi in italia?

Noi crediamo che essere missionari vuol dire credere nella chiesa universale (la famiglia di Dio, sparsa per il mondo), che non ha confini o barriere e che il suo messaggio può veramente toccare le coscienze dell’umanità. E’ un sogno troppo grande? Forse, però è il sogno di Dio.

Noi Missionari comboniani vogliamo essere comunità missionaria nel territorio di Castelvolturno (CE). Castelvolturno, è un territorio di frontiera, luogo esposto, un confine che sta li per essere attraversato e andare verso nuove terre, luoghi a volte sconosciuti. La frontiera è sempre stato il luogo degli arrivi e delle partenze. E’ il luogo dell’imprevisto e dell’inedito. Ma è anche il luogo di Cristo.

In questo territorio di frontiera, incontriamo migliaia di immigrati con le loro storie tragiche, dolorose e con le loro speranze e illusioni. Con loro siamo presenti cercando di fare in modo che questa frontiera diventi anche il luogo di Cristo. Grande è la tentazione di considerare gli immigrati come contenitori vuoti da riempire con cose. In realtà, grande è invece la ricchezza che sgorga dall’incontro con loro, considerati alla pari e non come persone fuori luogo.

Proprio per continuare a sognare con Dio, domenica e lunedì ci siamo trovati a Roma per continuare la manifestazione nazionale contro il razzismo che si era svolta il giorno precedente a fianco degli immigrati che vivono nel casertano e in particolare a Castelvolturno.

Eravamo circa in 3000, una vera “macchia nera” nel cuore di Roma, città dalle mille luci.

Eravamo la per farci notare, per affermare che le cose, così come stanno, non vanno bene, nè per gli immigrati nè per gli italiani. La realtà dell’immigrazione non deve diventare semplice folclore con balli e tam tam. Come una condizione di vita, non può diventare direttamente un reato, senza delle azioni criminose commesse che giustifichino tale reato. Così la clandestinità, come condizione di vita, non può essere criminalizzata senza offrire vie di uscita.

Anche per noi missionari da una parte c’è la tentazione di chiudersi in sacrestia limitandosi ad un servizio religioso che non entra nella storia del territorio e delle persone. Un ministero sacerdotale tranquillo e asettico, e credo sia la tentazione di tante parrocchie italiane più preoccupate di gestire il devozionale proponendo dialoghi con i vari santi “alla moda”. Spesso ci manca la dimensione “storica” dell’evangelizzazione, cioè entrare nelle problematiche sociali e umane del territorio e delle persone. E’ questa la dimensione missionaria della nostra pastorale.

Ebbene domenica abbiamo riempito la basilica dei SS. Apostoli per la celebrazione della messa. Um momento magico di riflessione alla luce della Parola di Dio per ringraziarlo del dono della vita e per chiedere la forza di poter continuare ad essere questa “macchia nera” che, da un lato disturba, ma dall’altro sprona la chiesa e la società italiana a scelte coraggiose in favore dell’accoglienza concreta e non solo di programmi a lungo termine studiati a tavolino.

In questi giorni a Roma abbiamo sperimentato che davvero la “macchia nera” da fastidio, non è al suo posto. Ma allora, perchè continuiamo a predicare da tutti i pulpiti della società che la diversità è una ricchezza, che la multietnicità è qualcosa di bello che ci farà davvero crescere?

Aparte queste contraddizioni, segni di speranza ci sono davvero. Infatti, abbiamo sperimentato l’accoglienza, per le 2 notti passate a Roma, da parte di varie chiese romane che hanno aperto le loro porte in un vero segno di solidarietà. Questo fa onore a tutti gli uomini e donne di buona volontà che condividono il sogno di Dio, costruire e sentirsi famiglia senza voler a tutti i costi togliere la “macchia nera” dalla nostra nazione.

In conclusione, quando ci guardiamo intorno, anche se a prima vista non si vedono segni di speranza, tutto sembra brutto, tutto sembra andare male, allora non fermiamoci; perchè esiste anche l’altro lato della medaglia che è reale e noi cristiani facciamo parte di questo lato per vocazione e per il battesimo ricevuto.

Quindi, insieme ce la possiamo fare, come comunità unita e fedele alla parola del Signore per far risplendere la luce del vangelo senza frontiere difendendo quei principi etici cristiani che fanno si che, per noi cristiani, la “macchia nera” non sia qualcosa da cancellare e lavare via, ma qualcosa che venga ad arricchire la nostra vita.