venerdì 22 gennaio 2010

CLANDESTINI: NUOVI SCHIAVI

"Il clandestino non ha voce, non ha parola, e chi non ha la parola pubblica, è uno schiavo, scriveva Aristotele.
La riduzione in schiavitù dei clandestini, allora, quella schiavitù che scandalizza e ripugna, e che perciò è facile trovare di questi tempi sulle pagine del giornale, non è un fatto superficiale, che può risolversi facendo appello a ragioni umanitarie. Quello è solo uno scandalo per finta. La schiavitù è invece un attributo della clandestinità. Un clandestino è sempre, potenzialmente, uno schiavo. Lo schiavo si fa davvero scandalo solo quando diventa pietra d'inciampo, e intralcia il cammino...
Clandestino è una parola viva, è quella parola che serve a designare un mondo indistinto il mondo dell'ombra appunto, degli uomini 'neri'. Una parola offensiva squalificante, che tende alla minorizzazione di chi con quella parola è indicato. Ma in quella designazione, dice appunto una verità: che c'è un soggetto negato, che rivendica una esistenza prima ancora che il diritto". (da Servi di M. Rovelli ed. Feltrinelli 2009 p. 19)

E' necessario aprire la possibilità di poter essere "indocumentato" per far emergere opportunità di legalità perchè il fenomeno migratorio è una realtà incontestabile nel nostro tempo da cui non si può fuggire o ignorare. La paura e la ricerca della nostra sicurezza non sono gli strumenti per affrontare degnamente e con equilibrio questa realtà.

Tu cosa ne pensi?

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